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a cura dell’Istituto Storico dell’Insorgenza e per l’Identità Nazionale


inserito il 21 maggio 2007


Combattenti dei reggimenti cristeri assistono a una messa clandestina al campo, in una vecchia foto (archivio del Centro de Estudios Cristeros di Guadalajara, Messico)

Un canto
dell’insurrezione
dei «cristeros»

Proponiamo il testo e la musica di uno dei canti — innumerevoli — della rivolta cattolica cosiddetta «dei cristeros», che si sviluppò nel Messico fra il 1926 e il 1929. Davanti alla feroce repressione anti-clericale e scristianizzatrice — in verità piuttosto anti-cattolica che non anti-cristiana: l’apostolato delle associazioni protestanti trova sempre più spazio nel primo Novecento — portata avanti da decenni dai governi liberali e massonizzanti messicani e rincrudita all’avvento — con le modalità a dir poco «illegali» consuete allora in Messico — alla presidenza della Repubblica federale del generale Plutarco Elias Callés (1877-1945) il mondo cattolico insorge. Sulle prime in forme legali — sospensione del culto, petizioni popolari, scioperi, boicottaggi —, ma poi, soprattutto nelle zone rurali dove è più radicata e «vissuta» la fede e meno progredita la modernità, anche con le armi. Per impulso dei quadri cattolici e anche ricalcando le tradizionali solidarietà di villaggio e religiose, si crea in diversi Stati — Jalisco, Guanjuato, Aguascalientes, Michoacán, ecc. — un Esercito di Liberazione Nazionale — chiamato sprezzantemente dai governativi «cristero», cioè, in analogia con pistolero o con cocalero, di devoti a Cristo fino a sembrare dei «professionisti» di tale devozione — che conduce una dura guerriglia contro le forze militari di Callès — affiancate da milizie filo-governative formate dai sindacati e dai partiti politici, in un’anteprima della guerra civile spagnola — e talvolta impegna i battaglioni regolari in combattimenti in campo aperto, non di rado vittoriosi per i cristeros. Si tratta di una guerra civile, come tale costellata di orrori e atrocità, soprattutto commessi da parte dei federali per i quali i combattenti cristiani, in quanto contadini e «reazionari», sono considerati come selvaggi ribelli e una sorta di sotto-uomini da sterminare. Nelle battaglie e nelle spietate rappresaglie cadono a centinaia padri di famiglia, adolescenti, sacerdoti, donne. Fra il 1927 e il 1928 la rivolta divampa ovunque e la situazione si fa sempre più difficile per il governo di Calles: nel 1929 si profila decisamente una vittoria dell’insurrezione. Ma, proprio quando le forze cattoliche e contrarie allo spirito della Révolucion messicana, di cui Calles è l’ultimo epigono, stanno per prevalere, nello stesso 1929, interviene bruscamente l’episcopato messicano, spinto dalla Segreteria di Stato vaticana — retta dal cardinal Pietro Gasparri (1852-1934) — e dal governo statunitense, che sigla una tregua informale con il governo e riattiva il culto nelle chiese sospeso nel 1926, rimuovendo così l’elemento più vistoso e popolarmente sofferto della persecuzione, togliendo così il terreno sotto ai piedi dell’insurrezione, che in breve si spegne. Gl’insorti devono deporre le armi, ma poco dopo si reinstaura in maniera pressoché immutata la situazione di dura persecuzione anti-cattolica. Anzi, la élite di governo, ancor più incattivita dall’«affronto» subito e dalla sconfitta sul campo evitata per un pelo, inizia una lunga e feroce catena di vendette e di omicidi «privati» di leader del movimento cristero e del laicato cattolico, che si protrae fino agli anni 1940. Questa epopea del popolo contadino messicano è stata scandita e accompagnata dalla produzione di un numero elevatissimo di canzoni e di musiche, quasi tutte ballate di stile folklorico e popolare: i cosiddetti corridos, ovvero delle canzoni anonime interpretate dai cantastorie girovaghi, che, nella cultura ancora prevalentemente orale dei ceti rurali messicani di inizio Novecento erano ancora uno dei mezzi di comunicazione più diffusi delle notizie e delle memorie civili. Una raccolta di corridos — con traduzione francese — è stata pubblicata dal sociologo francese, nonché massimo studioso della rivolta cristera — Jean Meyer nel suo volumetto Apocalypse et Révolution au Mexique (Gallimard, Parigi 1974). Sulla guerra cristera cfr. anche l’opera maggiore di Meyer La Cristiada, 1973-1975, 20ª ed., 3 voll., XXI Siglo, Città del Messico 2000; nonché il sito web del Centro de Estudios Cristeros [beato] Anacleto Gonzalez Flores della Universidad Autónoma de Guadalajara (Messico) .



El martes me fusilan
(per ascoltarlo cliccare sul link in fondo alla pagina)


El martes me fusilan
A las 6 de la mañana.
Por creer en Dios eterno
Y en la gran Guadalupana.
Me encontraron una estampa
De Jesús en el sombrero.
Por eso me sentenciaron
Porque yo soy un cristero.
Es por eso me fusilan
El martes por la mañana.
Matarán mi cuerpo inútil
Pero nunca, nunca mi alma.
Yo les digo a mis verdugos
Que quiero me crucifiquen
Y una vez crucificado
Entonces usen sus rifles.
Adiós sierras de Jalisco,
Michoacán y Guanajuato.
Donde combatí al Gobierno
Que siempre salió corriendo.
Me agarraron, de rodillas,
Adorando a Jesucristo.
Sabían que no había defensa
En ese santo recinto.
Soy labriego por herencia,
Jalisciense de naciencia.
No tengo más Dios que Cristo
Por que me dio la existencia.
Con matarme no se acaba
La creencia en Dios eterno.
Muchos quedan en la lucha
Y otros que vienen naciendo.
Es por eso me fusilan
El martes por la mañana.


Martedì mi fucilano. / Alle 6 di mattina. / Perché credo in Dio eterno / E nella Grande Guadalupana. / Mi hanno trovato un santino / di Gesù nel sombrero. / Per questo mi hanno condannato / Perché sono un cristero. / Per questo mi fucilano / Di martedì mattina. / Uccideranno il mio corpo inutile / Però mai, mai la mia anima. / Dico ai miei carnefici / Che chiedo che mi crocifiggano / E, una volta crocifisso, / Solo allora usino le loro carabine. / Addio sierre di Jalisco, / Michoacán e Guanajuato. / Da dove ho combattuto il Governo / Che è sempre scappato correndo. / Mi hanno afferrato quand’ero in ginocchio, / Adorando Gesùcristo. / Sapevano che non avevo difesa / In questo sacro recinto. / Sono un bifolco per eredità, / Jaliscense di nascita. / Non ho altro Dio che Cristo / Perché mi ha dato l’esistenza. / Uccidendomi non si spegnerà / La fede in Dio eterno. / Molti restano a lottare / E altri stanno nascendo. / Per questo mi fucilano / Di martedì mattina. /


Qui è disponibile per l'ascolto una versione del corrido, cantata dal noto cantante di musica popolare messicana Vicente Fernández Gomez, nato nel 1940 negli Altos de Jalisco, epicentro della rivolta cristera:






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224 pp., con ill., € 18,00.





ROBERTO MARCHESINI,
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prefazione di Oscar Sanguinetti,
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