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a cura dell’Istituto Storico dell’Insorgenza e per l’Identità Nazionale





Oscar Sanguinetti


Un nuovo attacco contro la memoria dell’Insorgenza italiana


M ario Pirani a distanza di otto anni torna sul Viva Maria di Arezzo.

Adesso, con la nuova giunta comunale di centro-sinistra è tornato a farsi caldo il problema della targa apposta in una piazzetta aretina a commemorare il grande moto popolare, che ebbe luogo, con epicentro Arezzo, a partire dalla primavera del 1799.

Alcuni esponenti della nuova maggioranza vorrebbero infatti rimuoverla perché (credo di interpretare così la prospettiva) considera la memoria pubblica di un evento come il Viva Maria oltraggiosa e in contrasto con i valori che dovrebbero presiedere oggi alla convivenza civile degl’italiani.

Naturalmente il giornalista de la Repubblica è toto corde a favore di questa opinione.

Il problema è che nel suo scritto di ieri sul suo giornale (Ad Arezzo un pogrom è solo “riprovevole”?) la avvalora con una serie di argomenti che fanno rabbrividire per superficialità e partigianeria.

Eppure in questi ultimi anni sono usciti parecchi studi che hanno messo a fuoco adeguatamente la vicenda dell’insorgenza aretina nelle sue luci e nelle sue ombre.

Anzi nel 2000, duecento anni dopo la caduta della città insorgente sotto i cannoni di Napoleone tornato in Italia — era il suo sport preferito — con i suoi eserciti —, si è tenuto un convegno di studiosi, alla presenza del vescovo, in cui un nutrito gruppo di storici locali ma anche di accademici di varie università hanno ripercorso con metodo scientifico i lineamenti storici del moto del Viva Maria: i suoi corposi atti sono lì, a disposizione di tutti. Lo stesso Comune, che li ha in parte finanziati, ne possiede ancora copie.

Una delle ombre — ma forse l’unica —, concordo, è per certo il massacro di ebrei a Siena. Lo stesso Pirani tuttavia non tace del fatto che gli ebrei erano odiati dal popolo senese, non dagli aretini, per ingiustizie, presunte o reali, subite in precedenza e perché schierati con gli invasori. Tace invece che, una volta conquistata Siena, gli “invasori” — o liberatori? — aretini processarono gli autori del crimine e li condannarono a pene severe.

Ma vi sono anche le luci. Luci reali per chi condivide la prospettiva contro-rivoluzionaria e nazionale: quella di abbattere un regime imposto da stranieri — non da re o duchi come prima del 1789, ma da una “nazione” moderna e rivoluzionaria, straniera dunque per più aspetti, non solo per quelli culturali — e retto da “quisling” locali, che di democratico aveva solo l’apparenza e che in realtà celava un duro regime di occupazione militare, centralista e anti-religioso. Ma “luci” anche sotto il semplice profilo storiografico: cioè elementi fattuali macroscopici da indagare, che offrono spunti di riflessione essenziali sulla vicenda nazionale. Il Viva Maria è stato un grande movimento di popolo — non di aristocratici e di preti, come scrive Pirani, rinverdendo dopo duecento anni il frusto clichè dei rivoluzionari francesi. Forse l’unico grande episodio di rivolta popolare dell’Italia contemporanea, che si è protratto per due anni, inserendosi nella strategia militare anglo-austriaca contro la Francia. E perché ha evidenziato elementi nuovi, e ancora tutti da studiare, soprattutto in quella sua insistita — e delusa — rivendicazione di antiche libertà dell’età comunale, che ne fanno un primo esempio di lotta contro l’assolutismo dei principi, del quale il regime “giacobino” è solo la versione peggiorata e per di più esogena. Arezzo fu allora la capitale dell’Insorgenza dell’Italia centrale: a lei fecero riferimento i movimenti anti-francesi toscani, umbri, marchigiani, laziali.

Se la precedente giunta aretina — non una cricca di reazionari o «una maggioranza estranea o addirittura ostile al binomio Resistenza-Costitutzione», come scrive Pirani, si badi bene, ma una coalizione di moderati intorno a una lista civica di successo — ha deciso di dare rilievo pubblico a un tale fatto storico con una piccola targa dall’aria dimessa in una piazza secondaria della città, a mio avviso ha compiuto solo un dovere minimale di promuovere la memoria locale e non ha invece attuato per nulla la “versione in volgare” di un’operazione di «“rivisitazione” culturale […] ricavabile dal verbo berlusconian-leghista-fascio-clericale». E forse anche un tentativo di riconciliare le memorie, dando spazio a vincitori e vinti nei “luoghi della memoria”.

Nel giornalista de la Repubblica tutti questi aspetti sono irrilevanti: a lui preme solo usare dei fatti storici, anche quelli di oltre duecento anni fa, per fare politica contingente. Aveva fatto lo stesso nel luglio 1999, quando, in pendenza di bicentenario, era in discussione se mettere la targa o no.

E quale miglior “attrezzo” gli si offre per stroncare le gambe ai moderati aretini e gettare ombre sulla Chiesa e la religione cristiana? Un bell’episodio di storia locale che — come molte altre insorgenze, secondo Pirani — si chiude con un eccidio di ebrei. Un ghiotto episodio, addirittura rivalutato in chiave anti-semita dalla stampa fascista. Un episodio, ammette, che può essere dibattuto ma non deve essere consacrato dalla toponomastica aretina. Un episodio, infine, che non può essere dichiarato solo un fatto “riprovevole” — come hanno fatto certuni che tuttavia non nomina —, ma qualcosa che mette in radicale discussione il Viva Maria, l’intera resistenza anti-francese e anti-giacobina italiana e tutto il “revisionismo” sulla storia italiana.

È un peccato che si osservino ancora — come fa Pirani — le vicende del passato con queste lenti deformate dall’ideologia — purtroppo gravante anche su altre pagine della nostra storia.

Se si continua a dar corso al mendacio o all’impostura, su cui la storia ufficiale troppo sovente purtroppo si fonda, e si nega spazio, anche pubblico, a vicende vere e importanti della nostra storia come il grande moto, anche “religioso”, di liberazione anti-francese, anti-giacobina e anti-assolutista del Viva Maria aretino, come si riuscirà ad arrivare a un minimum condiviso di memoria civile: come potrà una storia perennemente lacerata servire a far progredire il paese?



Note e commenti

Marco Respinti,
Contro l'ideologia immigrazionista


Marco Invernizzi,
De Gasperi, Gedda, la Dc e il “partito romano”


Oscar Sanguinetti,
Un nuovo attacco contro la memoria dell’Insorgenza italiana


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Nota in margine
a una recensione
della Civiltà Cattolica


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