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a cura dell’Istituto Storico dell’Insorgenza e per l’Identità Nazionale





Fabio Giannini


Il 13 maggio anche Arezzo ha avuto la sua giornata del ricordo
La rievocazione dell’insorgenza del Viva Maria




N el maggio del 1799 la città di Arezzo fu epicentro di una grande rivolta anti-giacobina e antifrancese (le truppe francesi repubblicane avevano occupato da poco l’intero Granducato di Toscana, insediandovi muncipalità filo-rivoluzionarie), che vide un’armata «trasversale», formata da contadini, cittadini e nobili, scacciare gli eserciti transalpini da quasi tutta l’Italia centrale, arrivando a liberare Firenze e Perugia e spingendosi fino alla costa toscana e alle propaggini della limitrofa Romagna. Fu una delle principali insorgenze che «accesero» l’Italia del 1799 dal Nord al Sud e che dimostrarono come la stragrande maggioranza degli abitanti della Penisola non fosse disposta ad accettare passivamente i saccheggi e le angherie che immancabilmente seguivano l’arrivo dei nuovi «liberatori».

Anche ad Arezzo l’insorgenza fu causata da fenomeni diversi: la scarsità di alcuni prodotti di prima necessità, le requisizioni arbitrarie di beni e servizi a favore delle truppe occupanti, gli arruolamenti coatti. Ma sicuramente l’aspetto religioso è fondamentale, anche perché — ad Arezzo come altrove — i francesi si mostrarono subito ostili alla religione, saccheggiarono gli arredi sacri di molte chiese, dileggiarono i sacerdoti e progettarono il furto della sacra immagine della Madonna del Conforto, già allora molto venerata dopo il miracolo avvenuto in occasione del terremoto del 1796.

L’insorgenza si dette subito degli organi politico-militari — la cosiddetta «Suprema Deputazione» — per cercare di mantenere l’ordine nelle terre liberate e per guidare al meglio un’armata che era arrivata a comprendere alcune decine di migliaia di persone, delle più diverse provenienze; anche grazie a questa struttura le violenze furono ridotte al minimo, considerando l’epoca dei fatti e il tipo di formazioni armate coinvolte.

Purtroppo, poco prima dell’entrata delle truppe aretine a Siena, nella città toscana alcuni popolani locali assaltarono il ghetto ebraico e uccisero brutalmente tredici senesi di religione ebraica, probabilmente per motivazioni venali di natura privata, cioè per approfittare della vacatio legis per evitare di pagare debiti contratti con alcune delle vittime. Gli insorgenti non furono per nulla coinvolti nel massacro; i processi celebrati dopo il ripristino dell’ordine videro condannati unicamente cittadini senesi. Anzi il comandante delle truppe insorgenti aretine ordinò di posizionare delle sentinelle alle porte del ghetto per evitare il ripetersi di simili fatti di sangue.

Però, questo unico massacro perpetrato da soggetti che poco o nulla avevano a che fare con i veri ideali che animarono l’insorgenza aretina, è stato sempre utilizzato dai giacobini e da tutta la storiografia risorgimentale e laico-marxista per gettare discredito sull’intero moto del Viva Maria, descritto alla stregua di un episodio di truce brigantaggio razzista.

Gli anni sono passati, ma certi stereotipi sono duri a morire anche perché, è ormai risaputo, una bugia ripetuta cento volte diventa, nella percezione comune, limpida verità. Ovviamente non sono mancati studiosi locali che, partendo dai documenti e non dai luoghi comuni, hanno cercato di ricostruire la storia dell’insorgenza, arrivando sempre di più a comprendere come il Viva Maria sia stato forse il primo moto popolare aretino, che vide realmente coinvolte tutte le classi sociali della città, e uno dei più imponenti movimenti di popolo — assai più ampio di tante sollevazioni risorgimentali dove il popolo vero ben di rado fece la sua comparsa — mai verificatisi nella storia d’Italia.

Anche sulla scia delle risultanze di questi studi, alcuni anni addietro venne avanzata la richiesta di intitolare una strada, una piazza o comunque un luogo significativo al Viva Maria, affinché potesse rimanere traccia nel territorio di un fenomeno che è parte integrante della storia di Arezzo e degli aretini. Tale istanza venne avanzata anche dal vescovo, mons. Gualtiero Bassetti, a nome del consiglio pastorale diocesano, in data 7 settembre 2000, e nel 2002 una piazza centrale della città venne intitolato al «Viva Maria - Insorgenza Popolare, 1799-1800».

All’inizio di quest’anno, una nuova giunta municipale, espressione di una maggioranza di centro-sinistra, ha deciso di rimuovere la targa e di mutare la denominazione della piazza in «Piazza Madonna del Conforto».

Il dibattito non si è per questo ovviamente concluso e anzi, alcuni mesi addietro, è sorto il Comitato Viva Maria, che ha come scopo statutario proprio la valorizzazione, lo studio e l’approfondimento di quella grande insorgenza popolare del 1799-1800 passata alla storia con tale nome.

Domenica 13 maggio si è svolta la prima iniziativa pubblica del Comitato, che ha animato alcune piazze e strade centrali di Arezzo con una rievocazione storica in costume dell’insorgenza.

Una trentina di figuranti, provenienti anche da paesi limitrofi, hanno dato vita a un corteo che ha percorso la città, mentre alcuni attori rappresentavano figure tipiche della società aretina di fine 1700 — un popolano, un sacerdote, un giacobino, un nobile, ecc. — e ricostruivano alcune scene dell’epoca, cercando di ricreare per il pubblico il clima sociale e culturale nel quale si generò l’insorgenza, rappresentando le ragioni dei filo-rivoluzionari e degli insorgenti.

L’iniziativa, che gli organizzatori vogliono riproporre con cadenza annuale, ha avuto un discreto successo di pubblico ed ha destato l’interesse degli aretini, nonostante il tentativo di disturbarla attuato da una quindicina di «contestatori», appartenenti a partiti e movimenti di sinistra radicale, che hanno dato a tutti i presenti una dimostrazione del significato che hanno per questi soggetti le altisonanti parole di cultura, di democrazia e di libertà.

Fabio Giannini


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