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a cura dell’Istituto Storico dell’Insorgenza e per l’Identità Nazionale


inserito il 17 febbraio 2010


Alfredo Mantovano


Nazione spontanea, già prima del 1861




Caro Direttore, l’avvicinarsi del 150°dell’unificazione rende concreto il rischio di trasformare la memoria di quanto accaduto nei dintorni del 1861 nell’ennesima serie di polemiche radicalizzate su una doppia retorica: da un lato quella dell’acritica apologia dell’evento unitario, dall’altro quella del vittimismo e del rivendicazionismo. Il secondo fronte si articola poi in una versione nordista, all’insegna del "chi ce l’ha fatto fare di caricarci il Sud", e in una versione pseudomeridionalista, all’insegna del "maledetto il giorno che siete scesi". Se si ha voglia di abbandonare qualsiasi retorica, la ricerca di elementi realmente unificanti deve partire da pochi dati di realtà.
Il primo è l’esistenza in Italia di una unità culturale antecedente di svariati secoli rispetto al momento dell’unità statale; una unità culturale che comprende una molteplicità di articolazioni, ma che è tale perché si riconosce nel ceppo comune dell’eredità filosofica ellenica e del legato giuridico romanistico, entrambi inverati dal Cristianesimo. Poi c’è tanto altro: ci sono le enclaves di origine greca e albanese, ci sono i ladini e i valdesi e c’è la ricchezza di espressione artistica di ogni epoca della nostra storia e di ogni luogo della nostra geografia. Ma, se ancora oggi usciamo di casa al mattino e ci guardiamo intorno, cogliamo nelle nostre piazze e per le nostre vie i simboli o quanto meno i residui, di quel ceppo culturale che è stata la nostra dominante, e che è la sintesi di tre colli: l’Acropoli, il Campidoglio e il Golgota. Il secondo elemento di realtà è che prima dell’ Unità la consapevolezza del comune destino dell’Italia era viva e diffusa — pur se attraversava i confini di Stati differenti —, forse anche più di quanto non lo sia stata dopo il 1861. Ne sono riprova la risposta comune che nel corso dei secoli è stata data, superando le differenze fra ducati, principati e regni, alle aggressioni esterne (dapprima il pericolo saraceno, poi quello ottomano), e i forti legami fra le università sorte sul territorio italiano, e fra gli artisti che hanno lasciato le loro opere lungo la Penisola: legami in certi casi di maggiore sostanza rispetto a, quelli oggi rintracciabili, nonostante internet, fra le attuali università e fra gli artisti contemporanei.

Mi permetto — avendo dapprima ascoltato e poi letto sul Corriere la relazione del prof. Guido Rossi al seminario Quali le radici culturali dell’Italia, organizzato da Aspen, di dubitare della opportunità di cercare un fondamento alternativo, o quanto meno radicalmente alternativo, a quello che emerge con tanta evidenza dalla nostra storia. E magari di cercarlo partendo dalla rassegna delle condanne a morte o delle condanne tout court (da Giordano Bruno a Campanella), di cui il "bieco oscurantismo clericale" avrebbe costellato un cammino di ostacoli posti al libero dispiegarsi del pensiero, della scienza e delle arti. Non solo perché certe rassegne rischiano di essere incomplete; non solo perché, completandole, tanta mitologia riguardante l’unificazione è destinata a frantumarsi; ma soprattutto perché riproducono le medesime contrapposizioni che hanno incrinato fin dall’inizio la fondazione dello Stato unitario. "Fare i conti con la storia" — espressione usata e abusata — vuole dire, per riprendere quanto sosteneva Luciano Violante quando era presidente della Camera, "agevolare la costruzione di una storia unica della nostra Repubblica, senza omissis e senza vendette, nella quale tutti possano riconoscersi". Intendiamoci. Se per "storia unica", e quindi per radici culturali unificanti da riscoprire, si intende la riscrittura dei manuali e delle monografie, magari su impulso del ministero dell’Università o di assessori regionali all’Istruzione, e quindi una sorta di "storia di Stato" o di "regione"", questa prospettiva non va neanche presa in considerazione. La sfida sottesa in quella espressione è un’altra: è intendere "storia unica" secondo il significato di "storia oggettiva", cioè storia come descrizione fattuale di ciò che è realmente accaduto, lasciando da parte le lenti dell’ideologia. È paradossale — lo dico all’indomani del ricordo delle foibe — che ciò finora sia avvenuto con minore difficoltà per la Resistenza rispetto al Risorgimento. Quali potrebbero essere le conseguenze, anche politiche, della constatazione che l’Italia non nasce nel 1861, che nei secoli antecedenti il Risorgimento vi era una "nazione spontanea" (per riprendere la felice espressione di Mario Albertini), che aveva una comune identità, fondata su una comune religione, su principi e cultura, anche politica, sostanzialmente omogenei, e su una articolazione sociale ricca e variegata, in città dall’antica tradizione, più che in regioni? E che di quel mondo è rimasto tanto, se è vero che il mito di fondazione dello Stato unitario oggi è in crisi, perché non è riuscito a far breccia come avrebbe voluto nella memoria collettiva degli italiani?

Sostenere questo non vuole dire promuovere "operazioni nostalgia", né attentare all’Unità nazionale: il rispetto e la lealtà per la nazione, per come si è formata e consolidata, per i suoi simboli, per i doveri ai quali chiama, per i sacrifici che esige, sarebbero traditi dal rifiuto di conoscere o di far conoscere le modalità di formazione dello Stato unitario. Non è, per esempio, "operazione nostalgia" quanto, al di fuori di etichettature politiche, da circa dieci anni, avviene nel Parco della Grancia, nelle vicinanze di Potenza: un grande affresco delle insorgenze antigiacobine e dell’invasione piemontese, raccontato all’aperto, nei fine settimana estivi, realizzato con professionalità, coniugando rigore nella ricostruzione storica, efficacia nel messaggio visivo e diffusione ampia e non settoriale; sarà un caso che, mentre i musei si spopolano, questi spettacoli di ripresa della memoria storica incontrano grande successo?

Alfredo Mantovano
sottosegretario al ministero dell’Interno

[Lettera scritta al direttore del Corriere della Sera di Milano il 16-2-2010]

Identità
nazionale



Alfredo Mantovano
Lettera al «Corriere della sera»:
Nazione spontanea, già prima del 1861


Marco Invernizzi
Il Popolo della Libertà: un nuovo partito al di fuori e contro le ideologie

Oscar Sanguinetti
Identità, non memoria, condivisa?

Stanley J. Parry C.S.C.
Le premesse della teoria politica di Orestes A. Brownson

Ronco, Rumi, Ghiringhelli, Invernizzi, De Francesco
Tavola rotonda Regno d'Italia e identità nazionale
(Milano, 19 novembre 2005)


Cesare Mozzarelli
Identità religiosa e identità nazionale: un rapporto ancora da costruire?

Oscar Sanguinetti
Verso un'identità nazionale compiuta

Oscar Sanguinetti
L'identità italiana e i suoi percorsi

Oscar Sanguinetti
L’esigenza della restaurazione di una memoria pubblica comune come condizione per il rilancio dell’identitàitaliana. Una riflessione

IL LIBRO DEL MOMENTO

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Oscar Sanguinetti,
Metodo e storia. Princìpi, criteri e suggerimenti di metodologia per la ricerca storica

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Oscar Sanguinetti,
Pio X. Un pontefice santo alle soglie del «secolo breve»,

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Oscar Sanguinetti,
Alle origini del conservatorismo americano. Orestes Augustus Brownson: la vita, le idee,

con una prefazione di Antonio Donno,
in appendice: Orestes Augustus Brownson, De Maistre sulle costituzioni politiche Biblioteca del pensiero conservatore,
D'Ettoris Editori, Crotone 2013,
282 pp., € 17,90



Marco Tangheroni,
Della storia.
In margine ad aforismi di Nicolás Gómez Dávila

Sugarco Edizioni, Milano 2008,
144 pp., € 15,00


Giovanni Cantoni,
Per una civiltà cristiana nel terzo millennio. La coscienza della Magna Europa e il quinto viaggio di Colombo

Sugarco Edizioni, Milano 2008,
264 pp., € 18,50


Oscar Sanguinetti,
Cattolici e Risorgimento. Appunti per una biografia di don Giacomo Margotti
con una prefazione di Marco Invernizzi

D'Ettoris Editori, Crotone 2012,
160 pp., € 15,90


Christopher Dawson,
La crisi dell'istruzione occidentale
trad. e cura di Paolo Mazzeranghi

D'Ettoris Editori, Crotone 2012,
218 pp., € 19,90


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3a ristampa,
D'Ettoris,
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ROBERTO MARCHESINI,
Il paese più straziato. Disturbi psichici dei soldati italiani della Prima Guerra Mondiale,

prefazione di Oscar Sanguinetti,
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D'Ettoris,
Crotone 2011,
152 pp., € 15,90.





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