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RECENSIONI


Antonio Boccia, Massacro a Lauria. La resistenza antigiacobina in Basilicata tra 1799 e 1806, prefazione di Gennaro de Crescenzo, Editoriale il Giglio, Napoli 2006, 96 pp.




Sull’insorgenza nel Regno di Napoli del 1806, che in realtà si protrae con una guerriglia logorante fino al 1808, soprattutto in Calabria, sono stati pubblicati numerosi lavori d’insieme () che aiutano a delineare il quadro di quelle vicende, ma si avverte la carenza di studi particolari utili alla composizione del complesso mosaico dell’insorgenza.

Fra gli argomenti d’approfondire vi è senz’altro la sorte delle città e dei villaggi insorti contro l’invasore francese, e fatti oggetto poi della violenza dell’occupante, dopo l’inaspettata vittoria inglese a Maida, il 4 luglio 1806, che mutò almeno momentaneamente le condizioni di superiorità francese in Calabria. I nomi Maida Hill e Maida Vale a Londra prendono origine da questa battaglia, che suscitò in Gran Bretagna echi inaspettati, tanto che il vincitore, John Stuart, venne nominato conte appunto di Maida e per l’occasione fu coniata una medaglia d’oro. La battaglia diede l’avvio alla sollevazione generale, che assunse, fra l’estate del 1806 e l’estate del 1807, gli aspetti d’una insurrezione in massa con assedi e scontri in campo aperto.

Il napoletano Antonio Boccia, avvocato e cultore di storia locale, ha offerto il suo contributo alla ricostruzione di quelle vicende con Massacro a Lauria. La resistenza antigiacobina in Basilicata tra 1799 e 1806.

La controffensiva francese, ricorda Boccia, parte all’indomani della caduta di Gaeta — il 18 luglio 1806 — per opera del generale André Masséna che, lasciata la fortezza, inizia la marcia che doveva portarlo a sostenere le truppe del generale Jean-Louis-Ébenezer, conte di Reynier, e a riconquistare la Calabria, posta in stato di guerra il 31 luglio. Gli episodi bellici sono moltissimi e spesso significativi: dalla resistenza di Lauria e l’assedio di Camerota, battezzata dagli insorgenti "la nostra piccola Gaeta", alla resistenza di Maratea, caduta il 10 dicembre, e l’assedio di Amantea, arresasi il 7 febbraio 1807.

Nel suo studio Boccia utilizza "[...] i dispacci militari e le fonti francesi ritenute attendibili anche perché confortate da riscontri, per quanto riguarda l’assedio vero e proprio; invece le fonti napoletane, unitamente alle cronache locali, sono state utili per quel che concerne l’incendio ed il sacco vero e proprio" (p. 53). Facendo ricorso soprattutto alle relazioni dei generali Reynier e Charles-Henry de Montigny Turpin, e alle cronache del gesuita Raffaele Viceconti, lo studioso ricostruisce la vicenda nei dettagli. Benedetta dal vescovo, la difesa di Lauria è diretta dai cinque fratelli Cucchi e animata con la promessa dell’imminente arrivo degli inglesi da Sapri. Invece, alle sei del mattino dell’8 agosto tre colonne francesi avanzano parallele sulla cittadina superando ogni resistenza. Sono due compagnie di volteggiatori — corpi di fanteria leggera d’assalto — a finire il lavoro con una carica alla baionetta, l’incendio di Lauria Sottana e la conquista della città alta, difesa casa per casa anche dai frati e dalle donne con sassi e pugnali. Una di esse, Angela Perrone, viene uccisa mentre suonava le campane a stormo in un’estrema richiesta di soccorso. Mentre Lauria arde, un centinaio di superstiti vengono sgozzati nelle grotte. Le fonti francesi danno 734 uccisi, 417 in città — inclusi dodici frati cappuccini e cinque sacerdoti — e 317 nei dintorni. Dei 111 nomi registrati dal parroco di Lauria Superiore, 36 sono di donne; dei 341 prigionieri, scampano la forca i pochi con addosso un’uniforme. Sono abbattute le mura e le torri, viene profanata e incendiata la Chiesa Matrice di San Nicola, sono distrutti i regimi parrocchiali. "L’intento era evidentemente quello di bruciare la memoria dei vinti", commenta Boccia (p. 70).

La ricostruzione di questo episodio poco conosciuto della storia del Mezzogiorno e d’Italia viene inquadrata in un’analisi più generale della resistenza anti-giacobina in Lucania a partire dal 1799, anno d’inizio della rivoluzione in quelle contrade, vissuto da Lauria da una posizione particolare per la presenza in città di tre insigni cittadini, mons. Ludovico Lodovici, il beato Domenico Lentini, sacerdote, e il giurista Nicola Carlomagno, uno degli animatori della Repubblica Napoletana del 1799: "Il Vescovo, il Santo e il Rivoluzionario" (p. 33). Anche in questo caso Boccia dà un contributo originale grazie al ritrovamento e all’utilizzo di una memoria autografa di mons. Lodovici, vescovo di Policastro-Lauria e collaboratore del card. Fabrizio Ruffo, conservato dal 1804 presso l’archivio diocesano.

Grazie a questi documenti il libro contribuisce a quell’indagine delle fonti — numerose ma poco conosciute e talora citate, purtroppo, senza indicazione di pagina — indispensabile per lo studio dell’Insorgenza, di cui si parla ancora poco in confronto a quella che ne fu la portata quantitativa e qualitativa.

Francesco Pappalardo


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